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Sabato, 27 Aprile 2024
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L'Europarlamento chiede di sfruttare le "aree di interesse ecologico" per aumentare la produzione

Gli eurodeputati vogliono deroghe alle norme previste nella Pac per la concessione di sussidi. Contrari gli ambientalisti

Produrre di più e con meno tutele per l'ambiente, alla luce della guerra in Ucraina. Queste le deroghe temporanee alla riforma dei sussidi, previsti dalla Politica agricola comune, richieste dei capigruppo di maggioranza della commissione Agricoltura del Parlamento europeo. Una "modifica della Pac per un periodo di tempo limitato" potrebbe essere "un modo per contrastare le carenze globali nell'approvvigionamento alimentare e per dare un contributo alla sicurezza alimentare", si legge in una lettera inviata all'esecutivo europeo.

La maggioranza dei coordinatori ha aderito alla proposta lanciata da Norbert Lins, l'eurodeputato conservatore tedesco che presiede la commissione Agricoltura. Non tutti i partiti però sono soddisfatti della richiesta, dato che temono una riapertura del dibattito sulla Pac e nello specifico sulle misure ambientali, che costituiscono la grande novità del nuovo pacchetto agricolo. La normativa entrerà in vigore dal 2023, mentre tutta la legislazione dell'Ue su questa materia è stata adottata all'inizio di quest'anno. La lettera fa riferimento all'articolo del regolamento sui piani strategici della Pac, che prevede la possibilità per la Commissione di trasformare l'eccezione temporanea in una soluzione permanente, se le ragioni specifiche che hanno portato alla deroga proseguono nel tempo. In parole povere, l'obiettivo principale della lettera è valutare la possibilità di estendere anche al prossimo programma della Pac la sospensione del requisito delle aree di interesse ecologico, concepite per migliorare la biodiversità nelle aziende agricole.

Nella normativa in vigore fino alla fine del 2022, solo gli agricoltori con terreni arabili superiori a 15 ettari devono garantire che almeno il 5% dei loro terreni sia dedicato ad aree benefiche per la biodiversità (alberi, siepi o suoli lasciati a riposo). Invece, nelle nuove regole il requisito si riduce al 4% di terreni incolti, ma vale per tutti gli agricoltori, indipendentemente dalle dimensioni dell'azienda. È questa una delle principali aree in cui gli agricoltori chiedono maggiore flessibilità per poter incrementare la produzione dei terreni. In particolare, pare sia la Germania a fare maggior pressione sull'Ue al fine di sospendere le regole sulla rotazione delle colture, tramite il ministro dell'Agricoltura Cem Özdemir. L'obiettivo è di consentire agli agricoltori di coltivare maggiori quantità di grano, una delle materie prime più colpite dalle conseguenze della guerra in Ucraina.

Già a marzo, la Commissione aveva concesso una deroga “eccezionale e temporanea”, per consentire la produzione di qualsiasi coltura su terreni incolti quest'anno, pur conservando intatti i fondi previsti per l'incremento della sostenibilità a favore degli agricoltori. La lettera fa riferimento inoltre al comunicato finale adottato dai ministri dell'Agricoltura del G7, che avvisa delle "gravi conseguenze previste per la sicurezza alimentare e la nutrizione globale" alla luce della guerra. Al momento, spetta agli Stati membri di decidere nel concreto come attuare il quadro agricolo dell'Ue tramite i loro Piani strategici nazionali, ancora in via di definizione in un processo di cooperazione con la Commissione. Quest'ultima aveva già criticato aspramento quello redatto dall'Italia, considerandolo poco ambizioso e troppo favorevole ad allevamenti e coltivazioni intensive.

La lettera degli eurodeputati chiede inoltre all'esecutivo una valutazione legale di una potenziale "modifica", per quanto riguarda la cosiddetta “condizionalità”, cioè le regole di base che un agricoltore deve seguire per poter ricevere i pagamenti diretti della Pac. Il testo non precisa però nel dettaglio quali sono le norme che andrebbero modificate. Le critiche principali sono arrivate dalle organizzazioni ambientaliste, che mettono in guardia sugli effetti dannosi che la rinuncia ai terreni incolti potrebbe avere sulla salvaguardia del clima e della biodiversità.

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