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Venerdì, 26 Aprile 2024
Decisione contestata

La Corte europea apre ai nuovi Ogm

Una sentenza stabilisce un'esenzione per alcune tecniche di genoma editing, ambientalisti e piccoli agricoltori protestano: "Saremo invasi da colture geneticamente modificate"

Una breccia aperta in favore dei nuovi Organismi geneticamente modificati (Ogm) che gli permetterà di accedere più facilmente al mercato europeo. Questo in sintesi il risultato di una sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea (Cgeu), la quale ha stabilito che che il genoma editing, la pratica di modificare il Dna di un organismo vivente, senza l'aggiunta di un Dna estraneo, non viola le regole Ue sugli Ogm. In base ad una direttiva del 2001, negli Stati membri le regole per questi organismi, come semi e piante, sono molto più restrittive rispetto ad altri Paesi come ad esempio gli Stati Uniti.

Questa decisione allenta invece la morsa dei controlli e fa ben sperare governi e aziende che stanno investendo sulle nuove tecniche note come "editing del genoma". Organizzazioni ambientaliste e piccoli agricoltori hanno però criticato aspramente la posizione dei giudici europei e promettono di proseguire la loro battaglia. "La Corte di giustizia dell'Unione europea ha ceduto alle multinazionali delle sementi e alla Commissione europea", si legge nella nota diramata dalla Conféderation paysanne, l'organizzazione di piccoli agricoltori francesi che aveva attivato il caso.

La disputa

Nel 2015 la Confédération paysanne, sindacato agricolo francese, e otto associazioni che hanno come scopo la tutela dell'ambiente avevano presentato un ricorso al Consiglio di Stato per opporsi all'esclusione di alcune tecniche o metodi di mutagenesi dal campo di applicazione della legge francese di applicazione della direttiva dell'Unione europea sull'emissione deliberata di Ogm nell'ambiente.

L'esenzione

Tale direttiva ha stabilito una metodologia comune per valutare, caso per caso, i rischi per l'ambiente associati al rilascio di organismi geneticamente modificati e la loro commercializzazione. Queste norme prevedono anche una valutazione prima dell'immissione in commercio, un'autorizzazione, un'etichettatura o un monitoraggio dopo la commercializzazione. Un sistema complesso ritenuto opportuno per tutelare ambiente e salute. I legislatori avevano però fatto valere un'eccezione, in base alle quale alcune tecniche/metodi di mutagenesi non rientrano nel campo di applicazione della normativa. Si tratta nello specifico della mutagenesi casuale, che consiste nell'aumentare la frequenza delle mutazioni genetiche spontanee degli organismi viventi. Questa tecnica può essere applicata "in vitro", cioè quando gli agenti mutageni vengono applicati alle cellule vegetali, e l'intera pianta viene poi ricostituita artificialmente, oppure "in vivo", cioè quando gli agenti mutageni vengono applicati all'intera pianta o a parti di essa.

L'interpretazione del Consiglio di Stato francese

Nel 2020 il Consiglio di Stato di Parigi, basandosi su una sentenza del 2018 della Corte di giustizia dell'Ue, aveva dedotto che "gli organismi ottenuti mediante tecniche o metodi che sono apparsi o sono stati sviluppati principalmente dopo la data di adozione della direttiva del 2001, in particolare attraverso tecniche di mutagenesi casuale in vitro, devono essere inclusi nell'ambito di applicazione" della stessa. Secondo i giudici francesi, anche la mutagenesi in vitro doveva sottostare alle restrizioni previste in linea generale per gli Ogm. In particolare, secondo i ricorrenti, questa sentenza si sarebbe dovuta applicare alle varietà di colza rese tolleranti agli erbicidi di cui tendono ad aumentare l'uso, così come alla maggior parte delle piante coperte da brevetti che rivendicano l'uso di queste tecniche.

La decisione della Corte Ue

Nonostante tale decisione, le autorità francesi non avevano adottato alcuna misura volta a garantirne l'attuazione. In particolare perché l'esecutivo europeo si era opposto all'applicazione di regimi distinti per la mutagenesi casuale in vivo e per quella in vitro. A quel punto la Confédération paysanne insieme con le otto associazioni citate ha adito nuovamente il Consiglio di Stato, stavolta per ottenere una sanzione pecuniaria volta a garantire l'attuazione della decisione del 2020. A quel punto il tribunale francese ha deciso di interpellare direttamente i giudici del Lussemburgo per precisare un punto centrale: se la mutagenesi casuale in vitro possa beneficiare dell'esenzione prevista dalla direttiva europea, o se, al contrario, debba rientrare nell'ambito di applicazione di tale normativa. Da qui la decisione. La Corte Ue ha stabilito adesso che i derivati da tecniche mutagene di moltiplicazione in vitro di cellule vegetali o animali isolate (note come mutagenesi in vitro) devono essere esentati dall'applicazione della normativa sugli Ogm. Questo può avvenire ogni volta che i processi di mutazione del materiale genetico siano figli di tecniche/metodi di mutagenesi caratterizzate da applicazioni costanti e con una "lunga storia di sicurezza".

Scappatoia 

I ricorrenti hanno reagito immediatamente ricordando che queste tecniche, tutte brevettabili, né "naturali " né tradizionali, "generano le stesse modifiche genetiche intenzionali e non, e quindi gli stessi rischi per la salute e l'ambiente". Secondo le associazioni ambientaliste, la sentenza apre "una grossa falla che permetterebbe a un gran numero di nuovi Ogm di invadere il mercato e i campi", senza le opportune valutazioni. Nel dettaglio hanno evidenziato che tutte le tecniche di mutagenesi diretta e altre "nuove tecniche genomiche" vengono applicate a cellule isolate per poi essere moltiplicate in vitro in laboratorio. Esentando anche solo una di queste tecniche cellulari, secondo i ricorrenti, gli agricoltori che desiderino evitare la regolamentazione sugli Ogm potranno dichiarare di averla già utilizzata in precedenza. Infine, si legge nella nota, alcune aziende hanno già utilizzato questo stratagemma per commercializzare ad esempio varietà di colza tolleranti agli erbicidi, come nel caso della Cibus. "Le centinaia di altre modifiche genetiche cosiddette 'non intenzionali' indotte artificialmente da tutte le tecniche genetiche generano altrettanti rischi per la salute e per l'ambiente rispetto alla singola modifica genetica rivendicata", ha sottolinea una nota pubblicata lo scorso ottobre dalla Conféderation paysanne, che precisa: "Non possono essere scartate per il solo fatto che alcune rare mutazioni possono verificarsi naturalmente durante la vita degli stessi organismi".

Input per l'innovazione

Di tutt'altro tenore la reazione della Copa-Cogeca, che rappresenta gli interessi di aziende e cooperative agricole europee, che si dice favorevole alla sentenza. "L'agricoltura europea ha bisogno di accedere ai benefici dell'innovazione per essere più sostenibile e raggiungere l'ambizione stabilita nel Green Deal europeo", scrive in una nota l'organizzazione. "I selezionatori di piante dovrebbero poter prendere in considerazione alcune tecniche di mutagenesi nei loro programmi di selezione, riducendo di circa 10 anni il tempo di commercializzazione", auspicano i rappresentanti agricoli. La sentenza potrebbe presumibilmente aprire la strada alla nuova regolamentazione, meno restrittiva, che la Commissione europea ha chiesto di introdurre per sottrarre le nuove tecniche di editing del genoma alla direttiva del 2001, reputata troppo stringente. A brindare intanto sono i colossi delle sementi geneticamente modificate come Bayer, Syngenta, Corteva e Basf.

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