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Venerdì, 26 Aprile 2024
Lavoro

La battaglia dello Champagne tra Francia e Russia fa brindare lo spumante italiano

Mosca ha varato una legge che colpisce il pregiato vino transalpino, facendo infuriare Parigi. Mentre l'export in terra russa delle bollicine made in Italy fa registrare numeri record

La guerra dello Champagne tra la Francia e la Russia ha riacceso i riflettori su tutti i tarocchi delle eccellenze agroalimentari protette da marchi Ue. Ma che dalle parti di Mosca proliferano con facilità, complici anche le tensioni diplomatiche con Bruxelles.

La legge sullo Shampanskoe

L'ultima polemica nasce con una legge firmata il 2 luglio scorso dal presidente russo, Vladimir Putin, secondo la quale solo le bollicine russe potranno chiamarsi Champagne (o meglio, "Shampanskoe" in cirillico) all'interno del Paese. L'originale francese, invece, se vuole varcare i confini russi dovrà cambiare denominazione e diventare un comune vino spumante.

Come c'era da attendersi, la reazione della Francia non si è fatta attendere. Il gruppo transalpino Lvmh (Don Pérignon, Moet et CHandon, Veuve Cliquot) ha annunciato la sua intenzione di sospendere le sue esportazioni verso la Russia. "Per allinearci alla nuova legge russa dobbiamo apporre una nuova etichetta con la scritta vino spumante. Questo suppone la necessità di organizzarsi", scrive il gruppo in una nota, facendo intendere l'intenzione di ritornare a spedire i suoi prodotti in Russia una volta risolti i problemi pratici posti dalla nuova legge.

La guerra dei tarocchi

Del resto, il mercato russo fa gola. E Mosca ha gioco facile nel ricordare che il termine "Shampanskoe" è utilizzato in Russia fin dall'epoca sovietica per definire un vino spumante prodotto in modo industriale. Il ciclo di fabbricazione dello 'champagne sovietico' dura tre settimane. In Francia per ottenere la ben più nota denominazione (francese) di Champagne, l'invecchiamento deve durare almeno 15 mesi e 36 mesi per una cuvée millesimata. Un marchio che è strettamente collegato alla regione francese da cui deriva il nome e che è protetto in più di 120 Paesi. Ecco perché i produttori francesi hanno lanciato un appello "alla diplomazia francese ed europea per ottenere la modifica di questa legge inaccettabile".

La diplomazia Ue, però, per il momento può far poco. E' dal 2014 che Mosca usa le ritorsioni sui prodotti Ue per rispondere alle sanzioni europee elevate in seguito all'invasione dell'Ucraina da parte delle truppe russe. Secondo Coldiretti, le tensioni tra Ue e Russia, con l'ambargo su determinati beni-eccellenze dell'export tricolore, hanno permesso la "diffusione nei supermercati di prodotti di imitazione che non hanno nulla a che fare con il made in Italy  e che vengono realizzati in Russia come Parmesan, mozzarella, robiola ma anche mortadella e insalata 'Buona Italia'". Un fenomeno, a dire il vero, che era cominciato ben prima del 2014. E che, almeno per l'Italia, è alleviato da un effetto collaterale del braccio di ferro sullo Champagne.

Lo spumante italiano brinda

L'embargo russo, infatti, non riguarda le bevande. E proprio di recente, stando ai dati del primo trimestre del 2021, l'Italia ha messo a segno in Russia un aumento record del 37 per cento nelle esportazioni di bottiglie di spumante nostrano. "Lo scorso anno - sottolinea la Coldiretti - sono state stappate 25 milioni le bottiglie di spumante nel Paese di Putin dove particolarmente apprezzati sono il Prosecco e l'Asti. Con la Russia che si classifica al quarto posto tra i principali consumatori delle bollicine italiane, potrebbe essere proprio l'Italia ad avvantaggiarsi della guerra dello champagne tra Russia e Francia", conclude l'organizzazione degli agricoltori. 

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