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Sabato, 27 Aprile 2024
Ambiente&Clima

"Così il latte della multinazionale ha inquinato i fiumi per anni", l'accusa alla francese Lactalis

Un team di giornalisti investigativi punta il dito contro il gigante del settore lattiero-caseario, che in Italia possiede marchi come Galbani e Parmalat: "Oltre la metà dei siti produttivi in Francia ha violato le norme ambientali". Ma la società si difende: "Solo sforamenti temporanei previsti dalla legge"

Il più grande gruppo lattiero-caseario del mondo avrebbe inquinato diversi fiumi in Francia riversando derivati di latte e acque reflue al di là dei limiti consentiti dalla legge. E' questa l'accusa che il team di giornalisti investigativi Disclose rivolge alla multinazionale francese Lactalis, che in Italia controlla marchi come Galbani e Parmalat.

In seguito a un'indagine durata un anno e che ha riguardato le attività degli stabilimenti del gruppo dal 2010 a oggu, Disclose denuncia che 38 siti di produzione del gruppo, oltre la metà di quelli presenti nel Paese, avrebbero violato le normative ambientali. In molti casi, secondo il rapporto, ciò ha comportato il rilascio nei fiumi di derivati ​​del latte - che possono essere mortali per la vita acquatica se presenti in grandi quantità - o sottoprodotti dagli impianti di trattamento delle acque reflue. Il rapporto contiene prove di diversi casi che si dice abbiano provocato la morte dei pesci di fiumi importanti, come la Loira o l'Isère, alle porte del parco naturale del Vercors.

"Le informazioni che siamo stati in grado di raccogliere rivelano un enorme scandalo di inquinamento ambientale", ha affermato il co-redattore capo di Disclose Geoffrey Livolsi, che ha guidato le indagini. "La frequenza dell'inquinamento e il numero di siti industriali interessati solleva seri interrogativi sulla capacità del gruppo di seguire le normative ambientali. In alcuni siti, abbiamo scoperto che Lactalis aveva anche ignorato le richieste delle amministrazioni pubbliche sulle misure di conformità e sui limiti degli scarichi", ha affermato.

Accuse che Lactalis, in una nota inviata al Guardian, respinge: "L'approccio del Gruppo Lactalis alla responsabilità sociale e ambientale si è intensificato da diversi anni e sono state destinate risorse significative a questo processo di miglioramento continuo". La società ha sottolineato che i regolamenti consentono “sforamenti una tantum, e questi non implicano necessariamente che si sia verificato un inquinamento. Detto questo, il Gruppo Lactalis riconosce l'esistenza di non conformità temporanee e ha implementato un ambizioso piano di investimenti affinché queste non conformità non si ripetano. Ad esempio, negli ultimi 10 anni, molti impianti sono stati o sono attualmente coinvolti in un programma di ammodernamento o sostituzione". La società ha affermato di aver già investito 60 milioni di euro nel miglioramento dei propri impianti di trattamento delle acque reflue.

In sostanza, anche Lactalis ammette che l'inquinamento dei fiumi vi sia stato, ma ritiene che tali "sforamenti" non abbiano comportato la violazione delle normative. Inquinanti sì, ma legali. Un paradosso contro cui si scaglia Greenpeace:  "L'attuale sistema di regolamentazione e controllo per i siti di aziende agricole che presentano un rischio per l'ambiente è totalmente obsoleto e inefficiente", denuncia Suzanne Dalle al Guardian. “In questo caso Lactalis ha permesso che gli incidenti si moltiplicassero nei propri stabilimenti, con conseguenze drammatiche soprattutto in termini di inquinamento delle acque. È urgente rafforzare i regolamenti, i controlli e le sanzioni associate", conclude. 

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