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Giovedì, 25 Aprile 2024
Pesticidi e Api

"La perdita di api causa 500mila morti precoci all'anno"

Uno studio statunitense ha calcolato l'impatto sulla salute delle persone, analizzando la connessione tra calo di impollinatori e produzioni ridotta di frutta e verdura

Sarebbero 500mila le morti precoci all'anno causate dalla perdita globale di api. Uno studio ha analizzato l'impatto tra la riduzione di cibi sani e quella di impollinatori. Il declino delle popolazioni di molti insetti mette a rischio i tre quarti delle colture, che richiedono l'impollinazione. Quest'ultima, divenuta inadeguata a causa di pesticidi e fertilizzanti, ha già determinato una perdita tra il 3 ed il 5% nella produzione globale di frutta, verdura e noci. Secondo la ricerca, il minor consumo di questi alimenti si traduce in un 1% di tutti i decessi, da attribuibire alla perdita di impollinatori.

I ricercatori hanno preso in considerazione i decessi per malattie cardiache, ictus, diabete e alcuni tipi di cancro, che possono essere tutti ridotti con diete più sane. Lo studio è il primo a quantificare il bilancio sulla salute umana di impollinatori selvatici insufficienti. "Un pezzo mancante fondamentale nella discussione sulla biodiversità è stata la mancanza di collegamenti diretti con la salute umana", ha affermato Samuel Myers, dottore della TH Chan School of Public Health dell'Università di Harvard e autore dello studio, paragonando l'impatto ad altri fattori di rischio per la salute globale, come il cancro alla prostata o i disturbi da uso di sostanze.

Lo studio si è basato sui dati di centinaia di aziende agricole in tutto il mondo, ottenuti grazie al Global Farm Study, analizzando così le informazioni sui raccolti e sui rischi per la salute legati all'alimentazione. È stato inoltre adoperato un modello informatico in grado di tracciare il commercio globale di cibi. Gli scienziati hanno scoperto che l'impollinazione insufficiente era responsabile di circa un quarto della differenza tra raccolti alti e bassi, con perdite globali pari al 4,7% della produzione totale di frutta, il 3,2% di verdura e il 4,7% di noci. La ricerca ha poi utilizzato un modello economico per verificare come questi cali avrebbero influenzato le diete delle persone in tutto il mondo, al fine di stimare il numero di morti precoci.

Lo studio, pubblicato sulla rivista Environmental Health Perspectives, rivela che le conseguenze peggiori sulla salute si sono verificate nei Paesi a reddito medio, come Cina, India, Russia e Indonesia, avendo inciso in aree dove erano già prevalenti malattie cardiache, ictus e tumori a causa di diete scorrette, fumo e bassi livelli di esercizio fisico. Nei Paesi a basso reddito sono stati invece riscontrati i maggiori cali di resa nelle produzioni. In queste aree però la salute delle persone ha sofferto meno a causa di tassi più bassi di malattie cardiache e ictus. Secondo i ricercatori la stima di 500mila morti sarebbe prudente, dato che non hanno incluso l'impatto della riduzione di micronutrienti come la vitamina A e i folati (connessi alla vitamina B) nelle diete né le conseguenze sulla salute degli agricoltori determinate dalla perdita di reddito, dovuta a raccolti inferiori.

"A livello globale, consumiamo troppe colture impollinate dal vento - grano, riso, mais, orzo - che sono ricche di carboidrati ma relativamente poveri di nutrienti, portando a un'epidemia di obesità e diabete in tutto il mondo" ha dichiarato al Guardian David Goulson, dell'Università del Sussex nel Regno Unito, precisando: "Non mangiamo abbastanza frutta e verdura, la maggior parte delle quali richiede insetti per l'impollinazione", riferendosi ad esempio a mele, ciliegie e fragole, come pure a zucchine, fagioli e pomodori.

Secondo il professor Myers esistono però dei rimedi per alleviare la perdita di impollinatori: "Questi includono l'aumento dell'abbondanza di fiori nelle fattorie, la riduzione dell'uso di pesticidi, in particolare i neonicotinoidi, e la conservazione o il ripristino degli habitat naturali vicini" ha affermato lo studioso. Questi elementi, che prevedono piccoli costi, secondo gli scienziati si ripagano economicamente attraverso l'aumento della produzione. Tuttavia, secondo i ricercatori, "rimangono enormi sfide" nel ripristinare gli impollinatori a livello globale, considerato che la popolazione umana raggiungerà tra pochi anni i dieci miliardi di persone. Inquinamento, perdita della biodiversità e cali nella produzione alimentare potrebbero risultare fatali per milioni di essere umani.

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